Il termine “ernia dello sportivo” è fonte di confusione perché, per definizione, i pazienti in realtà non hanno una tipica ernia, ma piuttosto una debolezza della parete posteriore del canale inguinale, associata ad altri aspetti patologici, quali un edema osseo o una tendinopatia inserzionale adduttoria. In letteratura, viene pertanto denominata come Sindrome del dolore pubico-inguinale (o PIPS). La debolezza della parete posteriore è il riscontro più comune, in oltre l’85% degli atleti con dolore inguinale. La condizione ha ricevuto notevole attenzione dalla stampa, a causa della sua prevalenza in atleti di alto livello coinvolti in sport che richiedono rapidi cambiamenti di direzione soprattutto a livello dell’articolazione dell’anca come ad esempio calcio, pallacanestro, atletica, tennis e hockey. Il primo passo diagnostico in questi pazienti è assicurarsi che non si tratti di una causa esterna all’inguine che presenti un dolore riferito, come il dolore radiculare lombosacrale, prostatite, patologie ortopediche dell’anca o cause gastrointestinali (tabella 1).
Tabella 1 – diagnosi differenziale del dolore inguinale
Lo scopo di qualsiasi trattamento nell’atleta d’élite è di ridurre al minimo il tempo totale in cui lo sportivo è lontano dalla propria attività agonistica, e di migliorare la disponibilità del giocatore per la squadra. Non è necessario ab initio il trattamento chirugico; è infatti consigliato dalle linee guida internazionali, un periodo di riposo seguito dalla riabilitazione funzionale, per un tempo massimo di circa 2 mesi. Nei casi in cui si verifichi il fallimento della terapia conservativa, può divenire indicata la terapia chirurgica. Il ruolo della chirurgia è di ricostruire la debolezza della parete posteriore con una protesi, e di correggere eventuali ulteriori reperti evidenziati pre o intraoperatoriamente. È indispensabile che la patologia venga trattata in centri con alti volumi, in quanto necessaria una stretta collaborazione tra specialisti ortopedici e chirurghi, per definire la migliore terapia possibile, conservativa o chirurgica.
Operatore: dott. Paolo De Paolis
Nel caso in esame, si può notare come la componente dolorosa inguino-pubica, sia stata causata da un’importante linfoadenomegalia di origine benigna, tenacemente adesa ai vasi iliaci, che è stata completamente rimossa, con successiva risoluzione della sintomatologia.
La riparazione può essere eseguita con tecnica aperta o laparoscopica. È stato dimostrato che la tecnica laparoscopica (fig. 2) permette un recupero più rapido e il ritorno precoce all’attività sportiva agonistica; già dopo 7 giorni dall’intervento è possibile con questa metodica riprendere gradualmente l’allenamento, e dopo circa 4 settimane si può avere la ripresa completa dell’attività.
Si ribadisce che nei pazienti affetti dalla patologia, in virtù delle sue eterogenee manifestazioni, bisogna assolutamente effettuare delle valutazioni in ogni singolo caso, non potendo estendere lo stesso concetto terapeutico ad ogni paziente.